Un volume super partes di una città tre volte santa, come messaggio di pace per gli uomini di buona volontà

Più che una città, Gerusalemme è una vera e propria categoria dello spirito e, ancorché universalmente nota, meriterebbe d'essere fatta conoscere e apprezzare al meglio delle sue valenze storico emozionali. Chi ci è già stato, spera di tornarci, convinto che l'aura che circonda una città, santa ai tre monoteismi, non lasci nessuno indifferente; chi non c'è mai stato, sogna di andarci: e questo volume, volutamente super partes, può costituire un utile preludio alla visita, o rappresentarne un valido rimpiazzo.
Un poeta dell'obiettivo come Enrico Formica, infatti, dai luoghi più segreti della città (uno per tutti, sulla spianata del Tempio, l'interno favoloso della Cupola della Roccia il cui ingresso è vietato ai non mussulmani...) ha tratto immagini di incredibile suggestione, che si propongono come messaggio di speranza e di pace per una terra benedetta dagli dèi e afflitta, purtroppo, da uomini che hanno perso per strada la "buona volontà".

PREFAZIONE

Gerusalemme. Parola antica, unica nella sua forma, apparentemente priva di
senso ma che racchiude in sé un'infinita varietà di significati espliciti e segreti, fonte di inesauribile ispirazione per profeti e poeti, visionari ed esaltati, sognatori e guerrieri, dall'alba dei tempi sino ad oggi.
"Gerusalemme" - consonanza che in ebraico accenna a una lieve anomalia, a una dualità immanente. La sua è infatti una duplice identità: una Gerusalemme celeste e una Gerusalemme terrestre. La Gerusalemme celeste è regale e maestosa, invita l'umanità all'elevazione spirituale; questa è la Gerusalemme della líturgia e della preghiera; "dai bei paesaggi, gioia del mondo" (come la descrisse con struggente nostalgia il poeta Yehudah Halevi nella Spagna di nove secoli fa); questa è la Gerusalemme su cui poggia la divina presenza, la Gerusalemme della santità, della fede, della Bibbia, dell'amore. Da questa Gerusalemme migliaia di anni fa si innalzò la voce dei profeti di Israele per proclamare l'avvento futuro della pace universale e la cui eco ancora vi risuona: ed essi dalle loro spade fabbricheranno vomeri d'aratro"... "una nazione non leverà più la spada contro un'altra" (Isaia, 2:4); "il lupo abiterà con l'agnello" (Isaia, 11:6); "non si farà più danno né guasto" (Isaia, 65:25); "la terra sarà piena della conoscenza
dell'Eterno" (Isaia, 11:9). Questa è la città che accoglie sotto le sue ali l'umanità intera in un abbraccio fraterno: "perché la mia casa sarà chiamata una casa d'orazione per tutti i popoli" (Isaia, 56:7).
E poi c'è l'altra, la Gerusalemme terrestre, una Gerusalemme spoglia dei suoi paramenti di splendore, una Gerusalemme abitata da una multiforme variegata umanità, una Gerusalemme profana e laica, di passanti e pellegrini, di ebrei e di arabi, fremente di attività; Gerusalemme del quotidiano, del lavoro, dei mercati, del traffico intenso e rumoroso, delle scuole religiose e delle università, dei campi sportivi; Gerusalemme di rabbini, preti e imam, di tonache e caffettani, di visi incorniciati da riccioli e barbe, di teste rasate e di volti glabri, collettività di singoli e una folla eterogenea in costante movimento.
Gerusalemme rocciosa e dura, i cui abitanti sono al contempo vicini e distanti gli uni dagli altri; Gerusalemme le cui mura, visibili e invisibili, dividono le diverse comunità, ognuna delle quali sostiene: "è tutta mia".
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Shimon Peres