PRESENTAZIONE
Il
volume "Santo Stefano Belbo e Recanati - Leopardi e Cesare Pavese"
presenta un titolo formato da una disposizione incrociata di nomi. In
esso l'autore tenta di accostare la figura di due poeti e scrittori, la
cui produzione letteraria è fortemente legata ai luoghi di nascita,
che hanno influenzato in modo determinante ispirazione, temi e sentimenti
dei loro cantori. L'argomento, che mette a confronto il poeta de "L'infinito"
e lo scrittore de "La luna e i falò", era già
stato affrontato, embrionalmente, dallo stesso Arnaldo Colombo, insegnante
della provincia di Vercelli in materie letterali (Liceo di Cossato), in
un articolo, "L'uomo di Recanati e l'uomo di Santo Stefano Belbo",
pubblicato sul giornale periodico del CE. PA. M., "Gli amici del
moscato", poi diventato "Le colline di Pavese", n. 30,
del mese di maggio 1986. In tale breve studio si trovano, infatti, passi
che anticipano i capitoli del libro, evidenziando gli elementi che, dal
punto di vista esistenziale ed artistico, permettono di riscontrare affinità
e analogie tra i due nomi famosi del mondo letterario, nati e vissuti
in epoche, ambienti, contesti storici diversi. L'articolo iniziava con
la data di nascita dei due personaggi: uno veniva alla luce il 29 giugno
1798 in terra marchigiana, l'altro il 9 settembre 1908 in terra di Langa.
Li dividono quindi un secolo e dieci anni. Da una parte troviamo i "fermenti
illuministico-napoleonici, la restaurazione, il risorgimento romantico",
dall'altra "i contrasti tra liberali e socialisti, il fascismo, il
neorealismo della rinascita postbellica". L'influenza esercitata
dal "borgo natio", le "passioni dell'infanzia", le
prime esperienze educative, portano i due giovani alla scoperta della
poesia:"Quando nei due adolescenti l'amore l'amore per l'educazione
lascia il posto al gusto del bello, il poetare diventa la ragione più
importante della loro vita. Per uno scrivere poesie è il massimo
diletto riservato agli uomini, per l'altro è l'impegno a cui dedicare
tutto il tempo e le maggiori energie. Per entrambi la poesia ha radici
ben profonde nel tessuto culturale di una civiltà e di una nazione.
Nell'uno e nell'altro la natura assume un ruolo essenziale, diventa la
fonte principale d'ispirazione, la nutrice e la confidente. Un rapporto,
si legge nel saggio anticipatore del libro, destinato a continuare eternamente,
ad intensificarsi, ad assumere i contorni dell'idillio, se non venisse
turbato dal bene chel'uomo ritiene il suo più grande: l'intelletto.
Il giovane recanatese, "uscito dal chiusodella biblioteca paterna
ad ammirare il vasto orizzonte che si disciude dal balcone del signorile
ostello", comprende la minaccia e il divario esistente tra natura
e ragione umana:"Niuna cosa maggiormente dimostra la grandezza e
la potenza dell'umano intelletto, che il poter l'uomo conosce e fortemente
sentire la sua piccolezza". Anche il langarolo avverte l'antinomia
tra natura e sapere umano:"Dopo Cristo e dopo Logos, la natura si
fa staccata dalla sorgente mistica della forza e della vita". La
ricerca di un tempo mimigliore si sposta allora verso i primordi della
società umana, gli "albori della storia", come è
titolato un capitolo del volume. Nasce così il rapporto ambivalente
e simbolico tra l'infanzia dell'essere singolo, laricerca del piacere
e del diletto nel passato, nelle "ricordanze", nell'esplorazione
del mito.
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Esperienze
e sensazioni che diventano senza tempo, immutabili. L'uomo di Recanati
afferma:"E quante cose si scoprono giornalmente che i nostri antenati
avevano già scoperto". Una tesi che l'uomo di Santo Stefano
Belbo condivide:"Se si risale a un qualunque momento di commozione
estatica davanti a qualcosa del mondo, si trova che ci commuoviamo perchè
ci siamo già commosi". Il mistero del mito, il rapporto tra
umano e divino, il mondo dei primitivi, il fascino del selvaggio, diventano,
per i due Autori, temi di indagine comune, che Colombo tenta di analizzare,
nella parte centrale del volume, assieme al sentimento dell'amore, alla
presenza della figura femminile, al significato che la donna assume nella
vita dell'uomo, del poeta. Due capitoli sono, poi, dedicati ai "dialoghi"
e al "diario", due forme espressive caratteristiche dell'opera
di Leopardi e di Pavese, che permettono riscontri di tratti comuni, possibilità
di richiamo e di collegamento tra personaggi e argomenti delle "Operette
morali" e i "Dialoghi di Leucò", tra meditazioni
e pensieri dello "Zibaldone" e de "Il mestiere di vivere".
Il riserbo politico ed il rapporto controverso con la religione sono altri
lati del carattere dei due scrittori che offrono spunti di riflessione
e di indagine. Il volume si conclude con il capitolo dedicato "all'inquieta
angoscia", all'ombra immanente della morte, un tema ricorrente nell'opera
leopardiana e pavesiana. Un tema non disgiunto, come già si leggeva
ne "L' uomo di Recanati e l'uomo di Santo Stefano Belbo" dall'infelicità
dell'esistenza, dalle illusioni e delusioni d'amore:"Quando novellamente
nasce nel cor profondo un amoroso affetto, languido e stanco insiem con
esso in petto un desiderio di morir si sente: quante volte implorata,
con desiderio intenso, Morte, sei tu dall'affannoso amante!" e "L'amore
è veramente la grande affermazione. Si vuole essere, si vuole cantare,
si vuole-se morire si deve-morire con valore, con clamore, restare insomma".
"Santo Stefano Belbo e Recanati-Leopardi e Cesare Pavese", il
titolo di un libro, un incrocio di nomi, di luoghi natii, di suggestioni
politice, di raffronti letterali, di valori artistici, che, nell'ambito
di celebrazioni e ricorrenze (1998 bicentenario della nascita di Giacomo
Leopardi, 2000, cinquantesimo anniversario della morte di Cesare Pavese)
potrebbe potrebbe offrire lo spunto per iniziative, ricerche, attività
di studio, connubi letterali e, perchè no, gemellaggi culturali.
Prof.
LUIGI GATTI
Presidente CE.PA.M.
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Arnaldo Colombo
LEOPARDI E CESARE PAVESE
editore FABIANO
edizione 2000
pagine 192
formato 15x21
brossura
tempo medio evasione ordine ESAURITO
18.00 €
18.00 €
ISBN : 88-87333-27-0
EAN :
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