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| PER 'LEVIA GRAVIA' |
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Non poteva certo mancare, nel percorso vario e multiforme che la rivista
sta compiendo, un volume dedicato ai Levia Gravia, all'opera che
ha dato il titolo alla nostra avventura. Leggendo gli interventi raccolti in questo numero, ci siamo resi conto di quanto calzante sia il nome che abbiamo scelto di dare alla rivista: Levia Gravia significa, per Carducci, e in piccola parte, anche per noi, «fantasie di gioventù, e dolori ed esperimenti della vita». I saggi qui offerti ripercorrono l'intenso rapporto che Carducci intratteneva con la tradizione letteraria (Noterelle carducciane) e quello che i letterati contemporanei intrattenevano con lui, come testimoniano, da un lato lettere e testimoni a caldo, dall'altro romanzi quali Alpinisti ciabattoni di Achille Giovanni Cagna. Tuttavia la lezione carducciana non è certo circoscritta nei confini della letteratura ottocentesca, ma arriva fino a noi: lo dimostrano le pagine dedicate a un ben noto «libro di libri» di Umberto Eco, il Baudolino, in cui emergono puntuali spunti carducciani. E ancora si ritrovano, in questi saggi, due immagini di Carducci apparentemente contrastanti, ma nella realtà speculiari. La prima, quella di un Carducci inquieto, alla ricerca di un proprio fare poetico, al di là del «muro dei libri», o per usare parole che gli appartengono, al di là di studi che avverte «aridi e limitati». La seconda, quella di un Carducci critico, molto apprezzato dai suoi contemporanei - «lirico anche nelle polemiche», come lo definì il Molineri - eppure, nelle lettere qui riprodotte, piuttosto schivo nel «giudicare o pretendere di giudicare» gli scritti della giovane Barbara Allason. Ancora una volta, Carducci dimostra quanto importante fosse per lui l'esercizio critico, teso ad applicare, seppur in modo «individuale e [..] relativo» - sono parole sue - «l'osservazione sorica ed estetica» fondata su «una lunga e fondata esperienza di esami e raffronti». [..] |
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