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MURI & DURI
Analisi, esegesi, fenomenologia comparata e storia dei reperti vandalici in Torino
Il meglio dalla rubrica su TorinoSette,
con l’aggiunta di numerosi graffiti inediti e analizzati in esclusiva solo in questo volume.
Il testo comprende un’Introduzione
Scientifica dell’Autore e prove fotografiche a colori dello scempio in atto.

DALL'INTRODUZIONE

Un giorno lontano, tra mille, diecimila o forse centomila anni, gli archeologi del futuro scaveranno tra le macerie delle odierne metropoli in cerca dei resti della nostra civiltà. Troveranno le vestigia dei nostri templi, e cioè di minimarket, supermarket e centri commerciali, con le numerose reliquie in essi contenute, dalle misteriose ciabatte di peluche a forma di papera o di gatto alle mini-poltrone concepite per il riposo del telefonino, passando magari per i polli in gomma che quotidianamente amiamo lanciare ai nostri adorati animali domestici, nella speranza che ci lascino in pace almeno per qualche minuto. E con esse, sui muri dei mini e supermarket e dei centri commerciali medesimi, e delle vie e piazze circostanti, e sui monumenti delle nostre antiche città e capitali, nonché sulle panchine ormai fossili dei nostri parchi e giardini pubblici, e sulle superfici arrugginite di treni, tram, bus, filobus e dei vagoni delle varie metropolitane urbane e suburbane, oltre che sui loro sedili e finestrini, e ancora su quel poco che rimarrà dei nostri manifesti pubblicitari ed elettorali, rinverranno anche gli innumerevoli, e a quel punto temo indecifrabili, graffiti tracciati da certi nostri contemporanei, comunemente detti vandali (con la «v» minuscola, per non confonderli con i Vandali dei libri di storia). Ai loro occhi, ovvero agli occhi degli archeologi del futuro, quei graffiti saranno l’equivalente della famosa Stele di Rosetta, la città egizia edificata sul braccio occidentale del fiume Nilo. Non fosse stato per questa stele di basalto nero risalente al 196 avanti Cristo, ritrovata dai granatieri di Napoleone nel 1799, su cui era stato scolpito un testo redatto in tre lingue (geroglifico e demotico e greco), forse Champollion non sarebbe mai riuscito a decifrare l’antica scrittura degli adoratori di Iside e Osiride. A Jean-François, insomma, andò di lusso, grazie ai soldati del corpo di spedizione dell’Imperatore. Ma quali iscrizioni si troveranno a dover decifrare, sui nostri muri, gli archeologi del futuro?
Queste pagine, con due o tremila anni di anticipo, si propongono di soccorrere gli studiosi del tempo che verrà: qui, catalogate in base a criteri eminentemente scientifici, e all’uopo commentate, questi troveranno un compendio delle innumerevoli scritte che per lo più nottetempo compaiono sui muri della città di Torino. E, si spera, la soluzione alle tante domande che affolleranno le loro notti insonni. Chissà da quale parola partiranno per decifrare il nostro alfabeto, la nostra sintassi e la nostra grammatica: se per puro caso cominceranno il loro affascinante lavoro dai resti del capoluogo subalpino, magari si interrogheranno sul significato di una determinata sequenza di segni, chessò, ad esempio «GOBBI CONIGLI». E una volta decrittatone il senso, certo dopo lunghe e faticose ricerche, finiranno per ipotizzare che soprattutto nei pressi dei nostri stadi di calcio vivessero e si riproducessero minuscoli quadrupedi pelosi un po’ più grandi dei topi e assai più piccoli dei canguri, inesplicabilmente affetti da scoliosi: il probabile risultato di un esperimento genetico andato storto. E del resto, si sa. La storia dell’archeologia è non di rado fatta di ipotesi più o meno confortate dai reperti o, al contrario, del tutto azzardate, quando non di semplici, smaccate supposizioni: basti pensare al perdurante mito di Atlantide, o ai famosi disegni tracciati dagli appartenenti ad antiche civiltà sul suolo andino e riconoscibili soltanto dall’alto; per non parlare del mistero che in riva al Nilo tuttora avvolge la Sfinge e le piramidi.
Ma torniamo in riva al Po e all’hic et nunc. Molti dei vandali con «v» minuscola di cui sopra, immagino anzi la maggioranza, non sanno di discendere, più che dalle popolazioni barbare calate nella penisola italica all’epoca del tramonto dell’Impero Romano d’Occidente, dal ramo di artisti rupestri che esponeva le sue opere presso Altamira, località della Spagna non lontana da Santillana dove nel 1879 vennero scoperte le famose grotte con graffiti e pitture di animali, risalenti al Paleolitico superiore. Da Altamira a Pompei il passo non è breve ma si può fare: ed è noto che nella località alle falde del Vesuvio ci si è imbattuti, di recente, nelle incisioni che sulle pareti dei postriboli pompeiani indicavano l’età e le fattezze delle prostitute, con tanto di tariffe e prestazioni.
Insomma: la storia dei graffiti prodotti a vario titolo dai nostri simili nel corso dei millenni parte dagli albori del genere umano per arrivare fino a noi. E in particolare, per quanto riguarda la seconda metà dello scorso secolo, fino a New York. Lì, nella Grande Mela, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, nacque una forma d’arte illegale e clandestina, la cosiddetta «Aerosol art». La prima generazione di artisti, o se volete di imbrattatori di muri, era formata da personaggi come Julio 204, Taki 183, Phase II, Lee 163d e Coco 144, tutta gente che com’è facile intuire prendeva a prestito il numero civico delle proprie abitazioni per darsi una nuova identità artistica e/o delinquenziale che dir si voglia. In un primo momento, coloro che poi sarebbero diventati i cosiddetti writer pensarono bene di lasciare ciascuno il suo tag (o firma) sui vagoni delle linee 2 e 5 della metropolitana newyorkese, utilizzando allo scopo grossissimi pennarelli dalla punta quadrata e inventandosi stili di scrittura diversi, in modo da differenziarsi e rendersi riconoscibili.
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da Muri & Duri

SOGNARE Tracciata a mezzo di vernice a spray verde in Via Carlo Alberto proprio di fianco al Cinema Centrale, la scritta costituisce una cosiddetta boccata d’aria fresca, almeno rispetto a tante altre. SOGNARE è qui imperativo, e una volta tanto l’imperativo non è fuori luogo. La vita è sogno, sosteneva Calderon de la Barca. Come dargli torto? Un uomo muore quando smette di inseguire i propri sogni: e anche se continua a nutrirsi e lavorare e deambulare e magari perfino a ridere o ad andare in vacanza, in quel caso trattasi di vita solo apparente. Hemingway diceva che un uomo (sottinteso: vero) muore una volta sola. E, com’è noto, si ispirava a Shakespeare.

ENZA SOFFRE – PER VIA DEL NOME? Aggiunto ai tanti graffiti già presenti in Piazza Vittorio a mezzo di spray viola più pennarello nero, tale reperto si distingue per l’indubbia prontezza di riflessi da parte dell’anonimo imbrattatore che ha ritenuto di commentare da par suo l’atto vandalico originario.

JUVE CAMPIONE (MA NON D’EUROPA) Il graffito in esame, tracciato in Via Po nei pressi di Piazza Vittorio Veneto (lato destro guardando la Gran Madre), si direbbe a mezzo di carboncino o forse a matita, va catalogato tra i «compositi». Un ignoto imbrattatore notturno ha infatti vergato la prima parte dell’enunciato, e cioè JUVE CAMPIONE; e un altro anonimo imbrattatore notturno ha poi aggiunto a questa la seconda, ossia le parentesi e la scritta MA NON D’EUROPA. I fatti sono noti: uno dei recenti campionati di calcio è stato vinto dalla squadra bianconera, che è anche arrivata alla finale della Ciampionslig, persa però ai rigori contro una delle due squadre milanesi (non l’Inter, è evidente). Non è necessaria una laurea al MIT per ipotizzare che la prima parte della scritta sia stata tracciata alla fine del campionato, mentre la stesura della seconda (più impegnativa perché ironica) abbia avuto luogo dopo la finale della Ciampionslig. Tra le note di società e cultura, va rilevato come non pochi sostenitori della squadra cittadina, cioè del Torino Football Club, si sono ritrovati in occasione di quella finale di Ciampionslig a tifare (inopinatamente) per i bianconeri: per ragioni di natura non calcistica ma extracalcistica, visto che l’altra squadra, cioè una delle due compagini milanesi, non era l’Inter. Eccolo, l’unico vero miracolo del berlusconismo: aver fatto tifare per la Juve chi normalmente tifa per il Toro. Spiace rilevare come la squadra bianconera, di solito per così dire baciata dalla fortuna, sia stata in occasione della finale di Ciampionslig dalla fortuna totalmente ignorata. E viene il dubbio che il tifo dei tifosi del Toro, poco usi a vincere, non l’abbia aiutata. La prossima volta, ragazzi, mi raccomando: si tifa tutti compatti per la squadra milanese che non è l’Inter. Così magari perde.





Giuseppe Culicchia

MURI & DURI

editore PRIULI & VERLUCCA
edizione 2006
pagine 240
formato 13,7x21,2
brossura editoriale con alette
tempo medio evasione ordine
2 giorni

12.00 €
7.90 €

ISBN : 88-8068-301-2
EAN : 9788880683018

 
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