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ALLA RICERCA DEL VECCHIO PIEMONTE
modi di dire piemontesi

Il fascino di una cultura visto attraverso la sua lingua e tutto il patrimonio di saggezza che questa tramanda; il libro di Lorenzo Burzio viene riproposto in un'edizione in cui la scrittura originale delle locuzioni piemontesi è stata sostituita con la grafia normalizzata e unificata.
Un lavoro fondamentale per conoscere, apprezzare e conservare la lingua piemontese e quanto di più ricco ci ha lasciato la tradizione.
Mille detti trascritti, analizzati, commentati dalla penna arguta e sapiente di un attento osservatore del mondo e della cultura di un vecchio Piemonte ancora vivo.

INDICE

NOTA DELL'EDITORE

INTRODUZIONE

TAVOLA DELLE AREE CULTURALI DI PROVENIENZA

ORTOGRAFIA PIEMONTESE

MODI DI DIRE PIEMONTESI

INDICE DEI MODI DI DIRE

BIBLIOGRAFIA


NOTA DELL'EDITORE

Questa nuova edizione intende ulteriormente valorizzare un testo particolarmente importante, che affonda in un patrimonio di sapienza essenzialmente contadina e che deve essere assolutamente salvato dalla dispersione culturale e dall'usura del tempo. Per recepire la ricchezza storica ed interiore della ricerca, rimandiamo alla prefazione dell'Autore, che puntualizza nei minimi dettagli l'impostazione e le tappe di un lavoro minuzioso, che evita di proposito le sovrastrutture intellettuali e le ovvietà. La scrittura originale delle locuzioni piemontesi è stata sostituita con la grafia normalizzata e unificata, il cui nucleo risale alla fine del XVIII secolo. In questo modo vogliamo inoltre richiamare l'attenzione sull'impegno che da tempo il Consiglio Regionale del Piemonte porta avanti nei confronti della lingua piemontese che, nonostante risponda a tutte le caratteristiche di lingua autonoma (come è riconosciuto dai più grandi specialisti nel campo della Romanistica), non è stata inserita nella legge 3366 del 25 novembre 1999, approvata dal Senato della Repubblica, nell'elenco delle lingue meritevoli di tutela da parte dello Stato. Al riguardo ci pare quindi estremamente opportuno l'ordine dei giorno n. 1118 del 1 5 dicembre 1999 dello stesso Consiglio che, riconoscendo la lingua piemontese quale lingua regionale del Piemonte, chiede che il Presidente della Repubblica non promulghi la suddetta legge n. 3366. Infatti, è solo estrapolando dalle sue caratteristiche tipologiche e dal fatto che dispone di una propria koinè letteraria, di una prosa narrativa moderna e di una plurisecolare produzione storica e scientifica, che si può arrivare a rifiutare al Piemontese la definizione di vera e propria lingua. In questa prospettiva, confidiamo che la pubblicazione di questo volume possa dare un suo contributo.

dall'INTRODUZIONE

La presente opera è nata in modo dei tutto occasionale, come capita sovente nella vita. lo, di professione, faccio l'insegnante di Pedagogia negli Istituti Magistrali e non mi ero mai occupato specificamente di problemi linguistici né, tanto meno, di questioni dialettali piemontesi (e, a dir tutta la verità, avevo sempre guardato con una leggera ironica sufficienza i patiti del piemontese che avevo avuto la ventura d'incontrare: brava gente, ma un po' fissata). lo ho però l'abitudine d'inserire nelle mie spiegazioni scolastiche, di tanto in tanto, qualche parola o battuta in piemontese allo scopo di essere più immediato, incisivo, per trovare quella felicità e sapidità espressiva che solo il dialetto (nostra autentica lingua materna) riesce a dare. Un giorno mi capitò di dire in un inciso: e, adora, i-j mandroma a canti 'nt nàutra cort (e, allora, li manderemo a cantare in un altro cortile) e mi accorsi che qualcuno degli allievi non aveva capito il significato della frase. Mi fermai, feci un rapido sondaggio e scoprii che, se non tutti avevano chiaro il senso della locuzione, nessuno sapeva più spiegare la sua origine. Chiarii allora che essa era fiorita nel mondo dei suonatori ambulanti che io, ragazzo, avevo ancora visto circolare per le nostre strade e nei nostri cortili: sentii vivissimo in quel momento il senso della rapida evoluzione sociologica in atto, coll'inevitabile scomparsa di valori, tradizioni, costumi, che mi erano cari. Mi assalì impetuosa la nostalgia per il mondo della mia infanzia che i giovani non conoscevano più e di cui quella frase dialettale mi portava l'eco, il profumo ed il colore ormai un po' sbiaditi, ma pieni del sottile fascino della proustiana ricerca del tempo perduto. Qualche tempo dopo mi accadde di rievocare l'episodio con alcuni colleghi e mi accorsi, con un po' di sorpresa, che quei sentimenti non erano solo miei personali, ma erano condivisi più o meno intensamente da quel gruppo di persone: una collega anzi, la professoressa Ester Bongiovanni, mi propose di slancio di farsi noi i raccoglitori di quelle briciole d'umanità, di quei frammenti di cultura intravisti nelle formule dialettali per farne una compilazione allo scopo di fermare, congelare, cristallizzare un certo momento del nostro passato, della nostra civiltà (magari piccolo, limitato, ma per noi tanto significativo) prima che la macina inesorabile del tempo lo distruggesse completamente. E così decidemmo di metterci al lavoro. Ho voluto rievocare con una certa precisione il momento genetico della nostra decisione perché da quel contesto si riesce a cogliere con esattezza l'animus che ci ha guidati nelle presenti ricerche. Non si tratta di una ricerca erudita, dotta, da filologo o glottologo (non ne saremmo capaci); ma nemmeno vuole essere una raccolta di curiosità rapsodica, casuale, disorganica, puramente dilettantesca come alle volte capita di trovare in molte sillogi di motti e proverbi dialettali; dopo aver letto si dice: guarda, come è strano, curioso... e poi tutto finisce lì. La nostra ricerca, a ben vedere, è stata per noi una forma di pietas filiale verso la nostra cultura, la nostra civiltà, verso i nostri padri che ci hanno formati e strutturati come siamo e con tutti i nostri limiti (di cui ci rammarichiamo) e le nostre virtù (di cui siamo profondamente orgogliosi), e di cui il fatto linguistico è eco sicura, radiografia chiarificatrice.




Lorenzo Burzio

ALLA RICERCA DEL VECCHIO PIEMONTE

editore GRIBAUDO
edizione 2000
pagine 448
formato 17x24
brossura
tempo medio evasione ordine
ESAURITO

19.95 €
19.95 €

ISBN : 88-8058-123-6
EAN :

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