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      ttL LA STAMPA sabato 9 novembre 2002 
 SHERLOCK HOLMES IN TIBET PER SALVARE IL GRAN LAMA
 Dove 
      finì quando Conan Doyle lo fece "morire"? Jamyang Norbu 
      indaga...
 
 Angelo Z. Gatti
 
 Nella carriera 
      investigativa del principe dei detective, Sherlock Holmes, c'è un 
      vuoto che riguarda gli anni 1891 al 1894. Arthur Conan Doyle, che considera 
      ormai ingombrante il suo personaggio (l'investigatore che vive al 221b di 
      Baker Street col coinquilino dottor Watson, amico, cronista e biografo, 
      si sta sovrapponendo all'autore e la cassetta della posta di Doyle trabocca 
      di lettere indirizzate a Sherlock Holmes) decide di far morire la sua creatura. 
      Ne Il problema finale lo fa precipitare avvinghiato al suo mortale 
      nemico di sempre, il professor Moriarty, nelle cascate di Reichenbach in 
      Svizzera.
 Per tutti Sherlock Holmes è morto.
 Ne La casa vuota però, nella primavera del 1894, egli riappare 
      a Londra per occuparsi dell'assasinio dell'onorevole Roland Adair. A un 
      Watson incredulo svela come si è salvato sull'orlo dell'abisso e 
      racconta di essere stato per due anni nel Tibet, dove ha visitato Lhasa 
      e dove ha trascorso alcuni giorni col Dalai Lama.
 Lo scrittore tibetano Jamyang Norbu colma il vuoto di quegli anni con un 
      romanzo parodistico e avvincente, Il mandala di Sherlock Holmes, 
      edito da Instar Libri, che riserva più di una sorpresa.
 Jamyang Norbu, che è nato a Lhasa nel 1944, che è stato costretto 
      a lasciare il Tibet all'arrivo delle truppe cinesi e che ha ricoperto incarichi 
      nel governo tibetano in esilio, finge di entrare in possesso di una valigetta 
      di latta arrugginita ritrovata a Darjeeling dentro un muro crollato in seguito 
      a un terremoto. La valigetta contiene un plico accuratamente avvolto in 
      carta oleata e legato con un robusto spago: è un manoscritto di circa 
      duecento pagine in cui si raccontano le avventure passate in Tibet in compagnia 
      del più grande investigatore del mondo, vergate da Hurree Chunder 
      Mookerjee. Prima sorpresa: l'autore del resoconto è il Babu, il loquace, 
      pavido e un po' pedante etnologo e topografo, che si proclama Dottore in 
      Scienze Umanistiche, che porta con si un ombrello bianco e azzurro e che 
      è la spia indiana dalla corporatura massiccia (pesa 120 Kg), ma dalle 
      molte risorse, del libro Kim di Rudyard Kipling.
 Anche qui il Babu è un agente in missione: per incarico del Colonnello 
      Creighton (del Grande Gioco) deve contattare un viaggiatore norvegese, un 
      certo Sigerson (il falso nome citato ne La casa vuota) in arrivo 
      a Bombay, farsi passare per una guida e scoprire il motivo della sua venuta 
      in India. Il misterioso personaggio supera il metro e ottanta di altezza, 
      è magrissimo, fuma una pipa in legno di ciliegio e ha con sé 
      soltanto una valigia a soffietto e una custodia di violino piuttosto malandata.
 Dopo i primi convenevoli il presunto norvegese dice a uno sbalordito Hurree: 
      "Siete stato in Afghanistan, noto". E' una specie di investitura, 
      perchè sono le medesime parole che Holmes rivolge a Watson nel loro 
      primo incontro (nel romanzo Uno studio in rosso). Rivelata la vera 
      identità dello straniero, Hurree prende il posto che a Londra era 
      di Watson: compagno di strada, amico e cronista, ma anche guardia del corpo 
      e maestro di tibetano. Di nuovo la veste da camera color porpora e i travestimenti, 
      la lente e il metro a nastro, gli esperimenti chimici in casa e la cocaina 
      del detective dalle straordinarie capacità di osservazione e dalla 
      logica lucidissima. A seguito di alcuni attentati alla sua persona, Holmes 
      decide di andare in Tibet travestito da mercante indigeno e si fa accompagnare 
      da un Hurree fiero di essere al suo fianco e felice di poter proseguire 
      i suoi studim scientifici. A Lhasa i due sono ospitati presso il Gran Lama. 
      La Sacra Persona è minacciata da un losco straniero, il Tenebroso, 
      che complotta con la Cina per favorirne le mire espansionistiche sul Tibet. 
      Il Tenebroso altri non è che un redivivo e storpio Moriarty, dal 
      corpo deforme e dall'aspetto cadaverico. Scampato anche lui dalle cascate 
      e rifugiatosi presso i cinesi, ha recuperato i suoi poteri di distruzione 
      e, attraverso un prezioso e antico mandala trafugato, che gli consente di 
      impossessarsi della Grande Pietra del Potere conservata nel favoloso Tempio 
      di Ghiaccio di Shambala, intende creare il più grande impero criminale 
      del mondo. Con cadenze ora comiche, ora drammatiche e con un ritmo a volte 
      indiavolato, tipo Indiana Jones, tra intrighi e tradimenti, tra imboscate 
      e fughe precipitose sulle nevi eterne dell'Himalaya, Jamyang Norbu fa trionfare 
      il Bene sul Male. Holmes vince, ma il merito è del simpatico Sancho 
      Panza dell'investigazione, Hurree, che con una prodezza semplice e geniale 
      risolve una situazione alquanto pericolosa. La sorpresa finale è 
      tutta da gustare.
 
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