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      Il Giornale del Piemonte domenica 3 dicembre 2000 
       
      LE BANDIERE POCO AMATE 
      Un libro di Enrico Ricchiardi svela il profondo degrado 
      in cui versano gli stendardi dell'epoca di Carlo Alberto 
       
      Vittorio G. Cardinali   
       
      Il regno di 
      Carlo Alberto detto "il Magnanimo" è stato oggetto di molti 
      studi approfonditi, perchè il sovrano sabaudo oscillante tra il rigido 
      assolutismo e apertura di stampo liberale, concede lo statuto nel 1948, 
      mettendosi alla testa del movimento di liberazione dell'Italia. Chiave di 
      volta nella storia nazionale, è ricordato a Torino da due importanti 
      monumenti: la sua statua di marmo sotto il porticato di Palazzo Civico ha 
      lo scudo che porta il suo motto, mentre nella piazza omonima spicca l'imponente 
      monumento opera di Carlo Marocchetti: il re a cavallo su un alto piedistallo 
      è attorniato da quattro giganteschi soldati in divisa: bersagliere, 
      artigliere, lanciere e granatiere. Viene inaugurato il 21 luglio 1861 dal 
      presidente del Consiglio barone Ricasoli che illustra gli anni di regno 
      carloalbertino con queste parole: " Ventidue milioni di italiani residenti 
      e liberi per l'iniziativa presa dal martire di Oporto lo salutavano Magnanimo 
      in quel giorno solenne". 
      Politica, arte, medaglie, cronache amorose (è recente l'uscita dell'epistolario 
      di Carlo Alberto a Maria di Robiliant, strenna Utet 1999), il re che riposa 
      nella cripta di Superga ha sempre un posto in primo piano negli scaffali 
      delle librerie e nelle case degli appassionati di storia patria. 
      Per l'imminente Natale l'editrice Il Punto di Roberto Marra pubblica un 
      appassionato e approfondito studio di Enrico Ricchiardi che legge quel periodo 
      storico complesso sttraverso le bandiere che ha espresso: Le bandiere di 
      Carlo Alberto (1814-1849), primo volume della collana Il costume militare 
      sabaudo. Informatico per mestiere, l'autore dedica da venticinque anni il 
      suo tempo libero alla rigorosa ricerca negli archivi pubblici e privati 
      di tutto ciò che illustra le vicende di uniformi e bandiere dell'esercito 
      sardo. Questo lavoro colossale finirà in quattro grossi tomi, oltre 
      a quello citato, gli altri tratteranno dei periodi da Vittorio Amedeo III 
      a Carlo Emanuele IV, la Restaurazione e il re Vittorio Emanuele II. 
      Conforta apprendere che Ricchiardi è stato coinvolto nella scelta 
      di quanto illustrerà l'esercito sardo settecentesco nel futuro allestimento 
      della reggia di Venaria Reale, perchè questa sua prima fatica è 
      una miniera inesauribile di informazione sull'Ottocento piemontese.  
      Emerge la figura del sovrano che dedicò grande cura della sua milizia, 
      allo sviluppo della ricchezza del Paese, alla solidità della finanza 
      pubblica. Un sempio significativo è del 1838, quando viene deciso 
      di cambiare le bandiere ai battaglioni della brigata Guardia, perchè 
      troppo usurate. Un dispaccio reale del gennaio rioporta: "Sua Maestà 
      ha messo in avvertenza il Ministro di fare bene attenzione a che le nuove 
      bandiere da rinnovarsi abbiano la croce bianca che vada da una cima all'altra 
      del campo stesso, toccandone gli orli, avendo la M.S. rimarcato in alcune 
      recenti, che in tal croce non è già così formata, e 
      lascia nel campo rosso una distanza di più di due dita di margine... 
      ciò che arreca il divario gravissimo di mutare la Croce di Savoia 
      nella Croce di Svizzera..." 
      E tutto ciò - come ha scritto Gioacchino Volpe - non solo in sè 
      e per sè, ma con il presupposto, esplicito o implicito, di altri 
      fini più larghi e lontani che erano ormai i fini balenanti agli occhi 
      di tutti gli italiani più consapevoli. 
      Lo studio delle bandiere del periodo ha sempre lasciato dubbi e ombre. Nei 
      saggi precedenti emergeva la sensazione di disordine nella confezione dei 
      drappi carloalbertini. Enrico Ricchiardi, dopo un'attenta lettura e visione 
      dei materiali, ha chiarito molti dubbi, pur sottolineando che: "certo 
      la fretta con la quale nel marzo 1848 furono confezionate le bandiere tricolori 
      dell'esercito sardo, a decisione presa solo alcuni mesi più tardi 
      di adottare il tricolore sabaudo come bandiera nazionale del Regno di Sardegna, 
      non contribuirono alla chiarezza". 
      La ricerca pluriennale ha permesso all'autore di affermare, sulla base della 
      presenza dell'Armeria Reale di Torino di alcuni drappi del marzo 1848, che 
      la foggia del primo tricolore è diversa da quella che si riteneva 
      finora. 
      Le centoventi riproduzioni a colodi di disegni, stampe, quadri, litografie, 
      cornette, stendardi, bandiere, drappi, e cravatte difficilmente visibili 
      o reperibili per il pubblico, rendono questo volume di Ricchiardi particolarmente 
      prezioso. Nelle didascalie di alcune si legge una ferma denuncia del cattivo 
      stato di conservazione in cui versano queste storiche bandiere. Un esempio: 
      dopo il 1971 i drappi conservati nell'Armeria Reale di Torino sono stati 
      separati dalle proprie aste. "Questa infausta decisione portò 
      ad una elevata usura dei drappi e all'inserimento nelle buste nelle quali 
      questi vennero inseriti per la conservazione di cravatte e cordoni spesso 
      appartenenti ad altre bandiere" (pagina 61). Mentre la fotografia della 
      bandiera di un battaglione modello 1838 scattata da Alberto Ricchiardi nel 
      1999 "testimonia più di ogni commento lo stato di degrado subito 
      dalle bandiere carloalbertine. Il loro restauro ed una loro diversa collocazione 
      per favorirne la conservazione non sono più procastinabili pena la 
      perdita completa di questo patrimonio storico". 
      Visto il degrado in cui versano i drappi piemontesi non si comprendono le 
      polemiche ricorrenti contro il comando del Corpo dei Corazzieri della Presidenza 
      della Republica, rei di non aver restituiro a Torino uno storico drappo 
      preso in prestito per una celebrazione dell'antico corpo, già Guardie 
      del Re. 
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