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Recensioni A DESTRA DEL FASCISMO

da ttL LA STAMPA sabato 28 febbraio 2004

EVOLA, PIU' A DESTRA DELLA DESTRA
Teorico dell'antimoderno, apologeta dell'aristocrazia e della Tradizione, protetto da Mussolini e Farinacci, definito da Almirante "il nostro Marcuse, ma più bravo", rimasticò il peggio della cultura del '900, compreso il razzismo e il nazismo: non ha proprio nulla da spartire con la Sinistra
Angelo D'Orsi

Il nome di Julius Evola, anche per il fascinoso suono che ne promana, ha sempre esercitato una certa attrattiva sui versanti estremi della discussione politica: con un pizzico di provocazione, e una semplificazione forse eccessiva, un filosofo cattolico fuori degli schemi come Antimo Negri ne parla, nella presentazione al libretto (assai pasticciato) di Francesco Saverio Festa, come di un autore che "merita di essere sottratto al vecchio giuco ermeneutico di quanti sentono a tirarlo nell'area di un presunto pensiero di sinistra". Sia festa, sia il più giovane Francesco Cassata, che a Evola dedica un eccellente lavoro (pubblicato da un editore "di sinistra" che su Evola solo due anni fa ha messo in circolazione una monografia di Francesco Germinaio), accolgono in realtà l'invito e si impegnano nella ricostruzione nel pensiero di questo pensatore che, peraltro, come emerge chiaramente soprattutto nell'accuratissima, ampia ricerca di Cassata (a cui però si deve imputare una scarsa contestualizzazione storica, rimanendo un percorso tutto intorno al penidero evoliano, davvero poco o nulla, può spartire con il "pensiero di sinistra", presunto o reale.
Feroce teorizzatore dell'antimoderno, apologeta dell'aristocrazia, esaltato laudator della Tradizione (con la maiuscola) , Evola nega alla sua radice i concetti essenziali della Sinistra, a cominciare dal consetto di Eguaglianza, che come ci ha insegnato Norberto Bobbio, è uno dei punti-cardine, se non (a suo avviso) il punto essenziale della differenza incolmabile fra Destra (che rifiuta l'Eguaglianza) e Sinistra (che si batte per raggiungerla).
Basterebbe dunque questo a collocare irrimediabilmente Julius Evola non solo a destra, ma sulla destra estrema, pur nel suo eloquio alto, lussureggiante e spesso pervaso da quel "pathos dell'oscuro", che suscitava il sorriso di un grande storico delle idee quale Arthur Lovejoy e che può affascinare qualche lettore, specie un giovane sorrisetto da ambizioni intellettuali, o magari politiche, più grandi delle basi storiche e teoriche di cui sia provvisto. Lo fa capire del resto Cassata fin dal titolo del suo libro, A destra del fascismo; e a poco vale la difesa d'ufficio (fu del resto il nocciolo dell'arringa difensiva di Carnelutti nel dopoguerra, quando Evola fu processato, coinvolto nelle gesta di gruppi che gravitano nell'orbita del MSI, con intenti dichiaratamente eversivi), che sottolinea la mancata iscrizione del "barone" Evola al PNF.
In realtà quello fu un estremo gesto di snobismo elitistico: il fatto è che questo pensatore bizzarro, che ha rimasticato molto del peggio della cultura europea del Novecento, fu protetto sempre da Mussolini stesso, ed ebbe come suo principale sostenitore Roberto Farinacci, il quale gli appaltò una pogina del suo quotidiano Il Regime Fascista, dal 1934 al 1943. E che dire della forte amicizia che lo legò ai più estremi ambienti del naziamo? O della sua adesione alla RSI? Il che non toglie che, come portò avanti la sua critica al bolscevismo, o dell'americanismo, analogamente Evola ripudiò larga parte delle posizioni teoriche del nazionalsocialismo hitleriano, tentando, con l'avveduto sostegno mussoliniano, di elaborare una via italiana al razzismo.
Una linea, questa, che ha fatto spesso, ingannevolmente, contrapporre una "nobile" teoria "spiritualistica" del razzismo fascista a una "ignobile" teoria "biologica" del razzismo germanico: di qui il passo non è lungo verso un ariduzione della responsabilità politica di Mussolini e del Mussolinismo, tanto che Renzo De Felice, che è tra coloro che cadono nell'errore, ha finito per legittimare un razzismo soft italiano: cosa che la storiografia più recente sta puntualmente smentendo, con tutta una serie di ricerche locali, o biografiche, o su periodici e vicende culturali, . Del resto Evola teorizzò un "razzismo totalitario" e fece dell'antisemitismo uno dei suoi cavalli di battaglia.
La sua Rivolta contro il mondo moderno (dal titolo della sua opera più celebre, del 1934, paradigmatica epitome del suo pensiero), ricuperando per li rami tutte le vecchie polemiche contro l'idea di Progresso, si risolse in una operazione di ricucitura di indigesta rigatteria filosofica, che finì per utilizzare anche il pensiero orientale, , in nome di una impossibile riscossa dell'Antimoderno. Visse abbastanza, Evola, per patire le "oscene" rivendicazioni del Sessantotto, contro il quale sparò bordate di veleno. E dire che Giorgio Almirante lo celebrò come "il nostro Marcuse (ma più bravo)"...

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Notevole per qualità e quantità di fonti consultate, diligente nell’apparato di note, A destra del fascismo si pone l’obiettivo di minare ogni precedente tentativo di “deresponsabilizzare l’operato di Evola e di purificare il suo pensiero dai contenuti violenti e dalle implicazioni pratiche”.
(Alessandro Giuli, «Il Giornale», 17 gennaio 2004)


A DESTRA DEL FASCISMO
Profilo politico di Julius Evola - Una visione complessiva del pensiero politico di Julius Evola, la figura intellettuale pił rilevante della destra radicale italiana e internazionale dal 1925 al 1974. Eccentrico l'intinerario evoliano fra le due guerre: dall'idealismo al tantrismo, dall'"imperialismo pagano" [..]
BOLLATI BORINGHIERI - 2003
pp. 534
formato 15x22
brossura
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